Tutte le ricerche menzionate sono certamente utili, nel senso che hanno prodotto un avanzamento enorme nelle nostre conoscenze, aperto nuovi campi di investigazione, e, potenzialmente, alcune di loro possono provocare anche cambiamenti radicali nella società (basti pensare quale potrebbe essere l’impatto della scoperta di molecole biologiche su qualche corpo del sistema solare, la prova quindi che la vita come la conosciamo non risiede unicamente sul pianeta Terra). Il problema che ci poniamo è quanta e quale scienza utile oggi si produce. Quale è il rapporto tra il numero di ricerche che producono risultati solamente incrementali, e ricerche che producono breakthrough o addirittura punti di svolta. Trovare risposte quantitative e robuste a domande di questo tipo è ovviamente molto complicato.
Un argomento almeno parziale può essere fornito di nuovo dall’analisi dei cosiddetti trend storici. Esempi li abbiamo già visti nei capitoli precedenti. Altri trend interessanti da studiare sono quelli relativi ai prodotti della ricerca e al così detto Transfer of Knowledge, cioè la capacità di trasferire i risultati della ricerca nella società. Indicatore del primo è ad esempio il numero di articoli prodotti. Un buon indicatore del secondo è il numero di brevetti accettati. In un capitolo precedente abbiamo visto come il numero di articoli scientifici prodotti nel mondo è aumentato praticamente sempre in modo esponenziale, raddoppiando ogni circa 15 anni. Oggi l’aumento globale è prodotto da un incremento molto più forte in Asia (in Cina in particolare) e un aumento molto meno cospicuo in USA e in Europa.
Anche il numero di brevetti presentati in Europa Stati Uniti e Asia (Cina, Giappone e Korea dominano sia la produzione di articoli che di brevetti) cresce esponenzialmente. La figura che segue mostra il rapporto tra articoli scientifici e brevetti in queste tre aree. Si nota come in Europa e Stati Uniti per ogni brevetto sono necessari tra 3 e 7 articoli scientifici mentre in ASIA a quasi ogni articolo scientifico corrisponde un brevetto. I dati per la Cina sono disponibili negli archivi pubblici solo dagli anni 90, motivo per il quale la figura presenta i dati degli ultimi 30 anni. Per gli Stati Uniti i dati sono disponibili fin dall’inizio del secolo passato e utilizzando queste serie storiche si deduce che negli anni 50 il rapporto tra articoli scientifici e brevetti era tra 1 e 2, simile a quello che è oggi in Asia. La produzione di articoli scientifici può essere utilizzata come un estimatore importanza della ricerca di base, mentre il numero di brevetti può essere utilizzato come estimatore del trasferimento della conoscenza verso un utilizzo sociale. Il rapporto tra le due quantità è quindi un estimatore della efficienza del trasferimento tra ricerca di base, ricerca applicata e utilizzo sociale della ricerca. Questa efficienza è massima oggi in Asia, come era massima negli Stati Uniti durante gli anni 50. L’Asia sta vivendo oggi uno sviluppo simile a quello che si è avuto negli Stati Uniti in particolare e nel mondo occidentale in generale dopo la seconda guerra mondiale negli Stati Uniti, uno sviluppo esponenziale, e anche molto ma molto veloce. Quanto durerà?
Anche il numero di brevetti presentati in Europa Stati Uniti e Asia (Cina, Giappone e Korea dominano sia la produzione di articoli che di brevetti) cresce esponenzialmente. La figura di destra mostra il rapporto tra articoli scientifici e brevetti in queste tre aree. Si nota come in Europa e Stati Uniti per ogni brevetto sono necessari tra 3 e 7 articoli scientifici mentre in ASIA a quasi ogni articolo scientifico corrisponde un brevetto. I dati per la Cina sono disponibili negli archivi pubblici solo dagli anni 90, motivo per il quale la figura presenta i dati degli ultimi 30 anni. Per gli Stati Uniti i dati sono disponibili fin dall’inizio del secolo passato e utilizzando queste serie storiche si deduce che negli anni 50 il rapporto tra articoli scientifici e brevetti era tra 1 e 2, simile a quello che è oggi in Asia. La produzione di articoli scientifici può essere utilizzata come un estimatore importanza della ricerca di base, mentre il numero di brevetti può essere utilizzato come estimatore del trasferimento della conoscenza verso un utilizzo sociale. Il rapporto tra le due quantità è quindi un estimatore della efficienza del trasferimento tra ricerca di base, ricerca applicata e utilizzo sociale della ricerca. Questa efficienza è massima oggi in Asia, come era massima negli Stati Uniti durante gli anni 50. L’Asia sta vivendo oggi uno sviluppo simile a quello che si è avuto negli Stati Uniti in particolare e nel mondo occidentale in generale dopo la seconda guerra mondiale negli Stati Uniti, uno sviluppo esponenziale, e anche molto ma molto veloce. Quanto durerà?
Ma a prescindere dal valore assoluto dell’efficienza del trasferimento culturale, il fatto che questa sia oggi più o meno costante sia nel mondo occidentale che in Asia, significa che anche tutta la tecnologia che viene prodotta e utilizzata nella società sta vivendo una crescita esponenziale. Il che certamente non suonerà troppo strano. La velocità dei processori dei computer cresce in maniera esponenziale, la quantità di dati che circola in internet cresce in maniera esponenziale, come pure il numero di persone o cose connesse nella rete. Siccome il numero di persone al mondo è dopo tutto finito (anche se in crescita esponenziale!), la nuova frontiera è connettere tra loro tutti i dispositivi di cui gli oggetti, le cose nel mondo fisico ormai sono dotati (qualcuno direbbe infestati). Si parla di trilioni di dispositivi contro solo miliardi di individui: la così detta Internet of Things (IoT), di cui discuteremo in maniera diffusa nella seconda parte di questo libro. Il primo smartphone è apparso sul mercato solo una quindicina di anni fa. Un telefono cellulare Nokia o Motorola del primo decennio degli anni 2000 oggi è un oggetto di modernariato. I miei figli la prima volta che hanno visto un vecchio telefono fisso, di quelli con il rotore, non riuscivano a capire come fosse mai possibile comporre un numero su strumenti di quel tipo, senza una tastiera, una pulsantiera né meccanica ne tantomeno tattile. Tutta la tecnologia che ci pervade decisamente cresce in maniera esponenziale. Come mai? Come è possibile? Qui il motivo evidentemente non può essere la proliferazione degli individui di generazione in generazione. Il motivo probabilmente è legato alla generazione di continua innovazione, determinato dalla crescita esponenziale della ricerca di base. Dovesse bloccarsi la crescita della ricerca di base si bloccherebbe l’innovazione, e con questa lo sviluppo tecnologico. Il concetto è espresso in maniera acuta, nonché’ estremamente affascinante, nei libri di fantascienza di Cixin Liu[1]. Questo autore cinese immagina una civiltà progredita che vuole impadronirsi della Terra, distruggendo quindi il genere Umano per sostituirlo su questo pianeta fortunato. Per riuscire nello scopo escogita un sistema per bloccare lo sviluppo della ricerca di base terrestre. Invia sulla Terra delle particelle elementari, i Sofoni, in grado di confondere i risultati degli esperimenti di fisica delle particelle. Senza questi risultati non si riescono a validare o invalidare le teorie di base, come ad esempio il modello standard, o la gravità quantistica, non si riescono a sviluppare nuove teorie, si blocca l’avanzamento della ricerca di base. Lo sviluppo tecnologico prosegue ancora, ma dopo solo qualche decennio satura, e non riesce più a progredire, non essendo alimentato da nuove scoperte fondamentali. La civiltà umana è destinata a ristagnare e a soccombere. La capacità di innovare, lo sviluppo della ricerca di base, le nuove scoperte fondamentali, e la contemporanea capacità di trasferire questa conoscenza in forme che possono essere utilizzate nella società è quindi alla base dello sviluppo esponenziale della tecnologia. Oggi lo sviluppo tecnologico sta ancora procedendo in maniera esponenziale in moltissimi settori. Fino a quando procederà? Il tasso di nuove scoperte di base fondamenti è tale da garantire uno sviluppo tecnologico ancora esponenziale per gli anni a venire? O abbiamo già incontrato in qualche settore il nostro Sofone?
Rispondere a queste domande non è facile. E ci aiuta poco anche l’analisi dei trend storici che abbiamo presentato sopra e in capitoli precedenti. Anche un’analisi basata sui diagrammi di Kalbach non è probabilmente risolutiva. Il motivo è che trend storici e diagrammi di Kalbach sono analisi a “posteriori”. Sono efficaci a inquadrare una ricerca una tecnologia, uno sviluppo un trend, ma solo dopo che si è verificato. Molte delle tecnologie e delle scoperte scientifiche che oggi valutiamo come “game changer” o disruptive, non erano nate come tali. Sono diventate game changer o disruptive solo dopo qualche tempo, molti anni in qualche caso. Una delle ragioni di questo comportamento è che molte scoperte importanti sono “serendipite”. Un ricercatore o un gruppo era impegnato in una ricerca finalizzata a un dato argomento e nel portarla avanti ha trovato qualcosa di inaspettato, di nuovo, o ha trovato un altro campo di applicazione più importante per la sua ricerca. L’esempio che facciamo sempre è la scoperta del fondo cosmico di microonde (cosmic microwave background, CMB) da parte di Penzias e Wilson dei Bell Laboratories nel 1964. Il residuo del big bang, che ha confermato lo scenario di un Universo in espansione, individuato testando un’antenna per comunicazioni alle microonde. E i casi di scoperte, anche importanti, serendipite sono meno rari di quello che si potrebbe pensare. Ricerche cominciate nell’ambito “incrementale” possono portare a scoperte “game changer” o disruptive. È vero anche il contrario. Ricerche ambiziose, cominciate per produrre un game change possono rivelarsi alla fine meno importanti di quanto si fosse potuto pensare, o semplicemente possono fallire, o fallire in parte. La “dinamica” nella evoluzione delle idee è più importante del preconcetto (nel senso di idea iniziale). Quindi, se è relativamente semplice oggi capire se una data scoperta o tecnologia è incrementale o disruptive, è al contrario complicato capirlo quando si concepisce una nuova idea o si comincia una nuova ricerca.
E invece è esattamente questo quello che vorremo fare, avere una guida che aiuti a capire se una nuova idea o una nuova tecnologia o una nuova ricerca alla fine possa ambire a diventare disruptive o game changer. Safi Bahcall preferisce parlare di “missioni incredibili” e di “franchising”, produzioni in serie, invece che di ricerche disruptive o incrementali[2]. Le missioni incredibili di Bahcall sono idee strambe, idee folli, idee che nella maggior parte dei casi non vengono prese in considerazione. Sono “scommesse contro le convenzioni”. E sono idee che almeno nove volte su dieci falliscono. Ma la volta che invece funzionano cambiano il mondo. Sono game changer. L’idea di Bahcall è che una struttura, una azienda o una organizzazione di ricerca, dovrebbero essere strutturate in maniera da massimizzare il numero di missioni incredibili vincenti prodotte. L’OSRD di Bush, i Bell Laboratories di Vail, DARPA, sono tutte strutture che hanno ottimizzato la produzione di missioni incredibili. Queste sono tutte organizzazioni che seguono quelle che Bachall chiama le regole di Bush-Vail: 1) separare i creativi, i visionari, dagli esecutori, dai produttori (la Vulcanian Academy of science di Star Trek, o gli scienziati senza doveri concentrati su pensieri profondi di Flexner); 2) equilibrio dinamico tra i creativi e gli esecutori e i produttori. Gli uni devono conoscere e apprezzare le idee e le motivazioni degli altri, deve esistere un feedback costruttivo tra creativi e produttori; 3) diffondere una logica di sistema, continuare a chiedersi perché una organizzazione ha fatto una determinata scelta; 4) aumentare la massa critica. Se il rapporto tra successi e insuccessi è di 1/10, allora è necessario che si riesca a portare avanti molte missioni incredibili, per avere alla fine un numero di successi totale da garantire sopravvivenza e espansione ad una organizzazione. Se è quindi complicato capire se una specifica data ricerca può portare a una scoperta game changer, è possibile però costruire organizzazioni che massimizzano la probabilità di ottenere scoperte game changer. Bahcall mette questi concetti anche in formule, calcola ad esempio la dimensione ottimale di una organizzazione, quella che ottimizza la produzione di missioni incredibili, in funzione del management span (Ms, il numero di persone supervisionate da ogni manager), la quota di partecipazione agli utili (Q, ovvero il valore dell’organizzazione lega la retribuzione alla qualità del lavoro. Non vanno considerati solo retribuzione e utili pecuniari, ma anche le remunerazioni intangibili, ad esempio libertà di ricerca, libertà di gestione, visibilità, autonomia etc.), la salute di una organizzazione, cioè il rapporto S tra adeguatezza progettuale e ritorno da attività di lobbying, il tasso di incremento salariale all’aumento del grado gerarchico C. La dimensione ottimale scala linearmente con Q e S, con il quadrato di Ms e scala inversamente con C. Questa analisi di Bahcall è focalizzata soprattutto alla ricerca privata, quella che viene portata avanti direttamente nelle aziende. Però tutto il lavoro di Bahcall è ispirato anche da organizzazioni pubbliche (OSRD, DARPA). Quindi non è forse privo di senso estrapolare questi concetti anche ad organizzazioni pubbliche. In tutti i casi, mi piace notare come l’analisi statistica di “popolazione” di Bahcall ricordi veramente tanto la psicostoria di Isaac Asimov, cioè la scienza inventata da Hari Seldon nel Ciclo delle fondazioni (o Cronache dalla Galassia)[3] in grado di prevedere con strumenti statistici e matematici, a livello probabilistico, l’evoluzione futura di un sistema sociale chiuso (una organizzazione, una società, una popolazione). Hari Seldon pensava che la dimensione dell’organizzazione dovesse esse grande, affinché’ si potessero applicare le equazioni psicostoreografiche, miliardi di individui, Bahcall ci prova anche con poche decine o centinaia di persone. Che sia proprio questa LA missione incredibile di Bahcall? In tutti i casi, è credo poco contestabile che una buona frazione di scoperte importanti derivino da quelle che Bahcall chiama missioni incredibili, cioè idee che vengono considerate sulle prime folli, che vengono respinte e i cui fautori sono spesso emarginati. Bahcall è interessato alle aziende, ma una domanda che mi sembra naturale porci è se l’organizzazione delle nostre università e istituti di ricerca è tale da massimizzare o minimizzare le missioni incredibili. E, più in generale, se l’attuale sbilanciamento verso big science, sia il migliore per massimizzare il numero di missioni incredibili.
Prossima pubblicazione: 8 marzo 2020. 9 Le forze propulsive della ricerca
[1] La trilogia di Trisolaris: Il problema dei tre corpi, La materia dell’Universo, La quarta dimensione. Cixin Liu, Mondadori
[2] Safi Bahcall, Idee Folli, 2019 ROI
[3] Isaac Asimov, Cronache dalla Galassia, Mondadori